S.a.p.a., la società che può far ripartire l’Italia

La società in accomandita per azioni (S.a.p.a.) è una società di capitali nella cui compagine coesistono almeno due diversi gruppi di azionisti:

  • i soci accomandanti, esclusi dall’amministrazione e responsabili limitatamente al proprio conferimento;
  • i soci accomandatari, amministratori di diritto, personalmente e illimitatamente responsabili.

Come nelle società per azioni, le partecipazioni sono rappresentate da azioni, mentre, come nelle società in accomandita semplice, il potere di gestione spetta esclusivamente ai soci accomandatari, che, per il sol fatto di rivestire la qualità, assumono una responsabilità illimitata, ancorché sussidiaria a quella della società, per le obbligazioni sociali.

Gli accomandatari, infatti, sono di diritto amministratori e le norme sulla nomina dei nuovi amministratori nel corso della vita della società attribuiscono un diritto di veto sulla scelta dei nuovi a quelli già in carica, rendendo così il gruppo di comando sicuro da tentativi di scalata della società attuati mediante rastrellamento delle azioni sul mercato.

Il mercato del credito e dei finanziamenti alle imprese ha subito negli ultimi anni una serie di profondi stravolgimenti che ha portato all’emersione, in maniera sempre più significativa, dell’esigenza di sollecitare gli investimenti privati, anche di ridotte dimensioni, verso realtà aziendali bisognose di risolvere situazioni di crisi o di affrontare percorsi di crescita per lo sfruttamento dell’innovazione.

Malgrado gli sforzi del legislatore volti a dare tutela giuridica a tale esigenza (si vedano, per esempio, gli interventi in materia di PMI), rimane la difficoltà di dare adeguato equilibrio alle istanze di tutela degli investitori, da una parte, e di garanzia della governance delle imprese, dall’altra.

In effetti, tutti gli strumenti finora utilizzati peccano di estrema farraginosità e non riescono comunque ad affrancare gli schemi di investimento dal ricorso all’indebitamento bancario, più o meno garantito da fondi pubblici, ovvero da meccanismi di negoziazione regolamentata, però complicati dalla natura stessa del bene messo in circolazione (quote di società a responsabilità limitata).

La S.a.p.a., tipo sociale presente nel nostro ordinamento, ma poco utilizzato nella pratica, se non in pochi sporadici – quanto illustri – casi in cui è stata utilizzata come “cassaforte di famiglia”, mediante l’accorgimento di affidare l’accomandita ad una società di capitale, come per esempio una S.r.l., presenta alcuni profili interessanti e precisamente:

  • garantisce stabilità ed agilità di governance, anche in situazioni in cui la compagine sociale è molto frazionata;
  • consente l’adozione di soluzioni di estrema flessibilità, per la gestione delle modalità di partecipazione e di exit dei soci alla vita sociale e, dunque, all’investimento, tra le altre cose, ha il vantaggio di definire, con chiarezza, la questione del voto plurimo;
  • traduce la partecipazione sociale in azioni, agevolandone la circolazione e la valorizzazione;
  • se costituita per pubblica sottoscrizione, può diventare veicolo agevole di crowdfunding;
  • offre la limitazione della responsabilità rispetto alle obbligazioni sociali propria delle società di capitali;
  • gli utili retratti dalla partecipazione alla S.a.p.a. sono assoggettati al medesimo regime fiscale di quelli retratti dalla partecipazione alle società per azioni, senza che operino fenomeni di trasparenza nell’imputazione del reddito ai soci;
  • per l’ipotesi qui formulata, in cui il socio accomandatario della sapa sia una società di capitali, riduce anche il rischio implicito dell’assunzione di illimitata responsabilità.

I vantaggi fiscali di questa soluzione non sono trascurabili.

Innanzitutto, la s.r.l. accomandataria godrebbe, sugli utili della controllata, del regime di tassazione di cui all’art. 89, comma 2, del DPR n 917/86 (TUIR) (cosiddetto PEX, acronimo per Partecipation Exemption) che prevede che gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società ed enti di cui all’art. 73, comma 1, lettera a), b) e c), NON concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti, in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95% del loro ammontare. In concreto, si pagano le imposte per il 24% del 5% dell’utile distribuito, vale a dire nella percentuale dell’1,2%.

Peraltro, lo stesso regime fiscale si applica, ex art 87 del TUIR, alle plusvalenze realizzate in sede di cessione delle azioni della partecipata.

Diviene, in conclusione, uno strumento utile a soddisfare molte esigenze, particolarmente adatto alla gestione:

  • di holding di partecipazione;
  • di start-up innovative (nel cui capitale si può investire, fino al 31 dicembre 2020, godendo di un credito d’imposta pari al 50% dell’investimento effettivamente effettuato);
  • di iniziative imprenditoriali collettive (per esempio, per la realizzazione di complessi immobiliari, secondo il business model già adottato dalle cooperative edilizie);
  • di operazioni di turn around che vogliano coinvolgere investitori minimi o lavoratori;
  • di iniziative di crowdfunding.  

Avv. Luigi Murciano

Avv. Patrizia Polliotto

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