Il reddito che divide ma l’alternativa c’è

Grandi spot, la panacea della povertà, il ripianamento degli equilibri sociali, una ulteriore impoverimento del tessuto economico, e tanto altro ancora, sono tutti gli elementi che emergono dal reddito di cittadinanza (RC). Eppure se interroghi il cittadino che lo ha ricevuto ti confessa che è stato “un bel gesto da parte dello Stato, tanto nel frattempo mi dedico anche ad altro”! Cioè lavoro in nero. Se poi interroghi gli affittuari aggiungono che da inquilini con il Reddito di Cittadinanza “non si sentono garantiti”! Se poi parli con un imprenditore (di qualsiasi settore produttivo) ti confermano che oggi più di ieri “trovano difficoltà a trovare lavoratori perché quest’ultimi preferiscono il reddito di cittadinanza”! Se parli con la politica al governo “il RC serve appianare i divari sociali, creare occupazione, aumentare i consumi, aumentare la moneta circolante”. Se parli con gli economisti le visioni diventano scientifiche, tra chi sostiene che disincentiva il lavoro e crea ozio, chi lo ritiene schiavitù dalla politica, chi lo ritiene uno strumento per rafforzare il potere contrattuale del lavoro, ma anche chi lo ritiene un disincentivo alle disparità sociali.

Settembre 1998 l’economista Andrea Fumagalli affermava che “la natura dell’uomo è orientata più all’attività che alla ‘pigrizia’, … infatti assenza di attività o la scomparsa della costrizione al lavoro e della creatività umana”… il reddito di cittadinanza rappresenta una sorta di contropotere alla disciplina del lavoro.

4 Giugno 2013 Laura Pennacchi , economista ed ex deputata DS pubblica affermava che: “gli sforzi pratici del governo dovrebbero concentrarsi sul ‘lavoro di cittadinanza’ piuttosto che sul ‘reddito di cittadinanza’, anche per l’ovvio motivo che dal ‘lavoro di cittadinanza’ scaturirebbe naturalmente un reddito decente, mentre dal ‘reddito di cittadinanza’ non è detto che scaturirebbe altrettanto naturalmente un lavoro decente”.

16 Giugno 2013 Giorgio Lunghinila democrazia economica presuppone la massima occupazione possibile e una distribuzione della ricchezza e del reddito né arbitraria né iniqua, allora si deve anche convenire che nessuna forma di reddito garantito costituisce una soluzione del problema”.

24 giugno 2014 Il giornalista esperto di economia Paolo Barnard, al posto del reddito di cittadinanza, propone un programma di Piena Occupazione Transitorio, con lo scopo di sostenere il PIL. “La differenza fra questi redditi e lo sciocco reddito di cittadinanza è che con i programmi di Piena Occupazione si prendono tre piccioni con una fava: si evitano rischi inflattivi; si alza il PIL pro-capite senza macro sbilanciamenti, ottimizzando la capacity del Paese; e si alzano i redditi per tutti!

gennaio 2014 MAURIZIO LANDINI famoso sindacalista in un dialogo con il sociologo Luciano Gallino, pubblicato poi da MicroMega dichiarò: “Il reddito di cittadinanza potrebbe essere uno strumento attraverso il quale diamo opportunità di studio e dunque di promozione sociale a chi queste opportunità se le vede sempre più precluse dal momento che non può in alcun modo pesare sulle spalle della propria famiglia. Il sociologo Luciano Gallino nel dialogo con il sindacalista Maurizio Landini si esprime a favore del reddito universale: “Poiché il lavoro tende a scomparire ma le persone con i loro diritti e bisogni no, occorre trovare il modo di distribuire un reddito anche a chi non lavora”.

31 Agosto 2016 Il giornalista e direttore scientifico della fondazione Luigi Einaudi, Lorenzo Castellani, “Il reddito di cittadinanza ci renderà schiavi della politica”…”Un individuo sussidiato è incentivato alla pigrizia e alla dipendenza dalla politica”…“Il reddito di cittadinanza non è che l’istituzionalizzazione del clientelismo su scala nazionale. Per tutti la soluzione sarebbe correre dal politico più vicino a chiedere un’altra forma di assistenza. I danni etici, politici ed economici sarebbero evidenti e per dirla come Adam Smith “nessuna società può essere felice se la sua maggior parte è povera e miserabile.”

25 Febbraio 2017 il giornalista Giuliano Ferrara con l’articolo “L’ozio dei popoli” pubblicato su “Il Foglio” definiva il reddito di cittadinanza una formula che garantisce il diritto all’ozio, un “oppio dei popoli”.

27 Marzo 2017 la giornalista Elisa Serafini scriveva “il reddito di cittadinanza come un incentivo tossico a non lavorare”. “Perché dovremmo lavorare, se possiamo ricevere 780 euro al mese?”.

30 Gennaio 2020 Il Fondo Monetario Internazionale, infine, è lapidario. Nel quotidiano “Qui Finanza” ha espresso le sue opinioni sul reddito di cittadinanza; sebbene da un lato elogia il fatto che esso si rivolge ai soggetti più vulnerabili della società, dall’altro lato:
1. il beneficio economico diminuisce a seconda delle dimensioni della famiglia, penalizzando i nuclei più numerosi e più poveri;
2. la misura tende a disincentivare l’adesione al lavoro. Queste caratteristiche dovrebbero essere allineate alle migliori pratiche internazionali per evitare disincentivi al lavoro e condizioni di dipendenza assistenzialistica.

Ecco qua, questo è lo scenario nel quale ci muoviamo su un argomento che divide la nostra Nazione, ma che ancora peggio la divide in maniera più prepotente se consideriamo che alle divisioni economiche territoriali tra nord e sud si aggiungono quelle sociali, ancora più radicate al Sud, tra tanti Sud. Ma il reddito di cittadinanza non doveva essere uno strumento per appianare i divari? E se questa policy doveva divenire una panacea per sanare i divari sociali proprio al Sud sta divenendo ancora più devastante.

Consideriamo qualche dato. Su oltre 900mila domande presentate al sud e isole (il 56% rispetto al dato nazionale), 211 mila sono state respinte (il 45% rispetto al dato nazionale), circa 30 mila sono decadute (il 55% rispetto al dato nazionale) e circa 660mila sono state le domande accolte (il 60,3%) (Osservatorio statistico sul reddito di cittadinanza – dicembre 2019). Esso ha coinvolto 1,5 milioni di individui del sud e isole, a fronte rispettivamente 493mila individui del nord e 318 mila del centro. Numeri enormi se si pensa ai divari sociali e alle policy che ad oggi sembrano più spot che sostanza di medio lungo termine. Alla fine i dati parlano chiari: su oltre 2,37 milioni di beneficiari solo 39mila hanno trovato lavoro (3,6% rispetto al totale degli utilizzatori del reddito). E questa è una policy? Una percentuale talmente bassa che rappresenta la vera chiave di lettura dell’insuccesso di tale policy. Concordo appieno con la posizione di Paolo Barnard: Reddito minimo si, ma solo se genera Pil, viceversa lo scenario è di foraggiare la povertà crescente, diminuire i consumi e il Pil, a un passo dal tracollo. Non un reddito di cittadinanza, serve un Reddito di Lavoro! Se lo stesso emolumento (detassato) lo Stato lo versasse nelle casse nel sistema imprenditoriale con lo scopo di assumere, il reddito andrebbe a generare nuova moneta circolante, aumento della produttività, crescita del Pil, riduzione del lavoro in nero, crescita occupazionale e maggiore dignità da lavoro.

Benedetto Torrisi
Professore associato di Statistica economica università di Catania

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