L’Europa a batteria

Prof. Ing. Roberto Tomasicchio
Ordinario di Costruzioni idrauliche e marittime, università del Salento

Fa stupore che il continente ove nacque e operò Alessandro Volta (1745-1827), l’inventore della pila, sia oggi oggetto di una invasione di batterie provenienti da tutto il resto del mondo. Detta invasione commerciale e tecnologica è data dalla necessità di procedere a gran passo verso la transizione ecologica e anche dal favore della politica nazionale all’importazione dall’Estremo Oriente. Infatti, a detta di molti che operano per l’attuazione della transizione ecologica, l’automobile elettrica che dovrebbe sostituire l’automobile a trazione endotermica sarà capace di ridurre le emissioni di CO2 a tal punto da rendere il pianeta salvo dai cambiamenti climatici. Sarà pur vero, ma non si vede il motivo per cui non limitare anche la continua ascesa del traffico aereo, visto che in un km di percorso un B737 emette 115 g di C02 per passeggero, valore questo pressoché uguale a quello di CO2 emesso da un’automobile a motore endotermico che potrebbe però trasportare 4 passeggeri – fonte EPA. Senza volere essere antiambientalisti, ha fatto scalpore il flusso di aerei concentratosi presso l’aeroporto di Glasgow in occasione del recente COP26.

Probabilmente, se il piano della politica nazionale di transizione ecologica fosse attuato, avremo l’effetto che l’Europa contribuirebbe alla mitigazione dei cambiamenti climatici, mentre le nazioni che ci forniscono batterie ed altro continuerebbero imperterrite a contribuire ai fattori che determinano i cambiamenti climatici; dunque, il risultato sarebbe che il cambiamento climatico continuerebbe il suo percorso senza alcun disturbo, esponendo tutta l’umanità, anche noi attentissimi all’ambiente, agli eventi estremi di vento, mare, precipitazioni, siccità, temperature.

Ma il danno maggiore è quello di immediata tangibilità: la pesante trasformazione dell’Europa da terra di produzione a terra di quasi solo consumo di prodotti creati altrove. Nello specifico, la politica, con la sua azione, sta distruggendo tutto il settore dell’automotive in cui l’Europa è eccellenza. E’ recente notizia che solo a Bari, BOSCH licenza 700 operai, ma casi simili sono numerosi in Europa. Insomma, in favore delle batterie e dei motori elettrici prodotti nel Far East si fa detonare un settore tecnologicamente avanzatissimo.

Quanto si sta verificando appare come una vera e propria resa a gruppi industriali non europei che, come nel caso dei monopattini provenienti prevalentemente dalla Cina e necessarissimi durante il lockdown da Covid19, hanno intenzione di sostituirsi agli storici produttori di auto europei e a tutto l’indotto legato ai motori endotermici, generando, ovviamente, tanta disoccupazione.

Ma volendo comprendere le ragioni che portano alle scelte politiche di cui si è appena detto, ci si deve anche domandare a chi compete sopportarne i costi: la piccola officina come si riconverte per effettuare la manutenzione ad automobili elettriche? La fabbrica di cambi come cambia la sua linea di produzione?

In Italia, molti dei fondi del PNRR sono indirizzati allo sviluppo delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili. Ad esempio, i maggiori porti verranno infrastrutturati per accogliere navi portacontainer di sempre maggiori dimensioni e le strade e le ferrovie verranno ampliate per consentire un incremento nella velocità di spostamento dei containers. Si genera così il paradosso che si fanno investimenti non per aumentare la capacità europea di produzione ed esportazione di merci in modo sostenibile, ma per facilitare l’importazione delle merci prodotte dai paesi dell’estremo oriente.

Tutto quanto detto rappresenta ciò che, purtroppo, ci attende nei prossimi anni, sotto la regia ambientalista e sostenibile. Ma, prima di dare il nostro plauso a coloro che ci propinano un mondo sostenibile, è opportuno fare una distinzione tra ciò che è bene per l’ambiente e ciò che è bene per l’ambientalista.

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