Difesa comune, una sfida urgente per l’Europa

Domenico rossi, già Generale Corpo D’armata dell’Esercito

Premessa

L’invasione dell’Ucraina da parte delle Forze Armate  della Federazione Russa pone l’Europa di fronte a tangibili minacce e vulnerabilità non solo militari, di tipo classico, ma anche economiche, politiche e di sicurezza energetica, contestualmente al fatto che  sull’altra sponda del Mediterraneo e in parte dell’Africa subsahariana, l’esistenza di spazi non governati e di conflitti locali ha lasciato un vuoto nel quale prosperano terroristi e criminali e senza dimenticare il complicato ritiro  dall’Afghanistan che ha di nuovo consegnato il Paese agli Afghani.

Se a tutto ciò si uniscono gli effetti dei cambiamenti climatici, della scarsità delle risorse, della crescita demografica ,dei flussi migratori, della fragilità di taluni Stati nonché della pandemia da Covid il rischio di conflittualità nel mondo diviene sempre più reale.

Questo quadro e in particolare l’invasione russa ,che potrebbe portare nei suoi obiettivi finali addirittura il ripristino della vecchia  “cortina di ferro”, lascia ben capire gli errori che nel tempo l’Europa  ha compiuto non dotandosi di una vera strategia politica di Difesa Comune e delle connesse Forze Armate , quasi cullandosi sul fatto  che 70 anni di pace fossero diventati un dogma immutabile nel tempo.

La Difesa Europea Comune (storia)

In effetti già nel primo dopoguerra  alcuni Paesi avevano intrapreso talune iniziative per armonizzare  scelte politiche in settori strategici come  la difesa e sicurezza, anche se i primi reali tentativi di difesa comune vanno fatti risalire a  dopo la caduta del “muro di Berlino”  con il Trattato di Maastricht che dettava disposizioni sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC)

Dopo la metà degli anni novanta ,in relazione alle guerre nei Balcani si cercò di definire la capacità militari e civili necessarie a rispettare la Dichiarazione di Petersberg cioè un insieme di obiettivi umanitari, di soccorso e di peacekeeping, con designazione della forza da impiegare, una Forza di reazione pari teoricamente fino a 60.000 militari.

Con il trattato di Lisbona nel 2009 venne infine  tracciato il quadro generale della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) finora  punto di riferimento per  il ruolo del Parlamento Europeo, senza peraltro concreti risultati. Ciò anche perché  l’argomento a Bruxelles è risultato più volte divisivo, con  i contrasti maggiori tra Germania e Francia e ,prima della Brexit, con la Gran Bretagna, e tenuto conto che , senza l’unanimità del consiglio dei Capi di Stato e di Governo ,non si  è in grado di prendere nessuna decisione.

La Difesa Europea Comune ( stato attuale)

Finalmente a fine 2021  il  Consiglio Europeo  ,espressione dei 27 leader dell’Unione Europea, ha richiamato la necessità di assumere maggiori responsabilità collettive in materia di Difesa Europea.

In particolare il 16 novembre Joseph Borrell Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza  ha presentato la prima bozza dello “Strategic Compass” per la sicurezza e la difesa dell’Unione Europea.

Il documento, di cui è già prevista l’adozione  a brevissima scadenza  fungerà da guida per lo sviluppo delle capacità e delle politiche legate alla difesa europea, in linea con la strategia elaborata nel 2016 con la EU Global Strategy.

Al momento lo “Strategic Compass” punta in quattro direzioni: resilienza; capacità di difesa; partnership con gli alleati; gestione delle crisi.

Entro  il 2025,si prevede la costituzione  di una forza militare congiunta di 5.000 unità, da dispiegare rapidamente, costituita da componenti terrestri, marittime e aeree, la EU Rapid Deployment Capacity. Una Forza ,per la quale dovranno essere individuati i possibili scenari in cui intervenire ,opportunamente addestrata in modo congiunto e composta da moduli interoperabili provenienti dalle Forze Armate degli Stati membri.

Contestualmente si prevede di  uniformare la linea di comando in un unico quartier generale, che dovrà gestire , entro il 2030, tutte le missioni dell’UE.

Particolare attenzione viene posta alla  dimensione cyber, settore fortemente legato alla sovranità nazionale degli Stati membri, con l’obiettivo di  rendere operativa la  capacità informatica europea congiunta, la Joint Cyber Unit.

Lo Strategic Compass appare il risultato di un buon  compromesso tra due visioni : quella francese di una difesa europea indipendente e quella dei Paesi che vedono nella NATO l’unico responsabile della sicurezza dell’UE.

In sostanza un punto di equilibrio, condiviso dall’Italia, che ribadisce il ruolo centrale dell’Alleanza ma concretamente implementa l’autonomia  europea in complementarità con la NATO. Questa formula è stata di fatto approvata anche dagli Stati Uniti ,in quanto evita duplicazioni o sovrapposizioni con l’Alleanza Atlantica.

Bisogna comunque ricordare che l’Unione Europea dispone già di una piccola forza militare congiunta, gli EU Battlegroups, gruppi tattici di 1500 unità pronti ad essere schierati rapidamente e operativi dal 2007, che però non sono mai stati utilizzati ,nonostante le crisi intervenute e le missioni che sono state approntate anche sotto egida europea, anche a causa del processo decisionale legato a questo settore, che come detto prevede l’unanimità per tutte le decisioni.

A tal proposito lo Strategic Compass introduce un principio veramente determinante   l’astensione costruttiva, prevista dall’art. 31 del Trattato sull’Unione Europea: uno scenario che permette a uno Stato di astenersi dal voto su una particolare azione dell’UE senza bloccarla. Il Paese membro accetta così la decisione dell’Unione senza applicarla.

Considerazioni

Il tempo dei tentennamenti è finito. La invasione dell’Ucraina ha mostrato chiaramente  che l’Unione Europea  non possiede un peso geopolitico rilevante e che gli mancano quelle capacità necessarie per agire in autonomia. Soltanto proseguendo con determinazione  verso un’unione della sicurezza e della difesa comune i cittadini d’Europa si potranno sentire  e saranno al sicuro e l’Europa sarà in grado di intervenire effettivamente da sola o insieme alla Nato.

Occorre pertanto approvare con immediatezza la nuova strategia e accelerare i tempi affinché sussista una effettiva Forza Europea ,sicuramente maggiore di quella ora prevista, con unica Linea di Comando in grado di intervenire sugli scenari Europei o comunque ovunque il Parlamento Europeo deciderà con modalità decisionali rapide.

Una strategia che al di là della disponibilità delle  Forze e della snellezza  della Linea di Comando e politica decisionale, dovrà peraltro avere anche altre caratteristiche.

Vi è infatti necessità che   ,pur nel rispetto dei diritti e delle responsabilità costituzionali di ciascun paese, si miri a una cooperazione sistematica e a un’integrazione graduale nel settore della difesa quali pilastri  indiretti, ma indispensabili  a salvaguardare la sovranità nazionale di ciascuno.

Così come appare indispensabile  poter giungere a un’interpretazione comune sia delle minacce che delle risposte adeguate. Ciò tenuto conto ad esempio delle diverse percezioni delle minacce e culture strategiche da uno Stato all’altro sviluppatesi nel corso dei tempi tra i Paesi a Nord o a Est e quelli a Sud dell’Europa .

Merita sottolineare che le risorse sono disponibili ,atteso che i Paesi Europei collettivamente  sono al secondo posto nel mondo in termini di spese militari dopo gli Stati Uniti; così come  è consequenziale che  attraverso una strategia comune si può  potenziare l’entità e l’efficienza della spesa per la difesa.

Indispensabile pertanto  tendere alla reale interoperabilità europea ,evitando la  duplicazione dei rispettivi equipaggiamenti anche quale premessa di addestramento e capacità di reazioni comuni. A tal fine si può agire sia  sulla qualità e sulla quantità delle forze a disposizione ,tenuto conto che risultano effettivi circa un milione e mezzo di  militari tra gli Stati membri dell’Unione Europea così come non può più essere accettata la pluralità di mezzi esistenti (ad esempio vi sono molti tipi di carri armati europei Leclerc, Leopard 2, AMX-30, Challenger 2, Ariete, PT-91, T-72CZ mentre le forze armate degli Stati Uniti usano un solo modello di carro armato).

Le risorse  potranno così essere destinate in  misura maggiore all’attuale Fondo Europeo per la Difesa quale premessa indispensabile di ricerca comune e di un mercato unico della difesa. Un mercato che possa  incoraggiare la concorrenza, far accedere le nicchie di eccellenza della piccola e media industria della difesa e che consenta di riflesso  naturali economie di scala sia per chi vende sia per chi acquista..

Appare comunque da sottolineare che affinché tutto ciò si realizzi concretamente e l’Unione Europea assuma un ruolo leader o principale in ambito internazionale che tutti gli Stati Membri si impegnino su questo indispensabile obiettivo per fornire il loro sostegno in termini di sviluppo e di contributo alle missioni che ne deriveranno.

Solo così l’Europa non sarà costretta a rincorrere le decisioni degli altri attori di rilievo sulla scena mondiale e soprattutto sarà coscientemente responsabile delle azioni e della difesa dei propri principi etici e morali e dei  valori di democrazia e libertà

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