Perché l’uso dei prodotti della Cannabis non va legalizzato

Giulio Maira
Professore Ordinario, già Direttore Istituto di neurochirurgia Università Cattolica, Roma

Negli ultimi decenni l’abuso di alcol e droghe, anche in età precoce, è diventato una vera e propria malattia sociale, un’epidemia culturale, come l’ha definita Silvio Garattini.
La cannabis è la sostanza psicoattiva più prodotta e consumata nel mondo; ne fa uso il 4% della popolazione adulta, anche se un referendum in Nuova Zelanda e il voto nel parlamento federale della Germania hanno recentemente rigettato la proposta di legalizzarne l’uso ricreativo (ma il neo-cancelliere della Germania, Olaf Scholz, già ha parlato di depenalizzazione per gli adulti).

In Italia, dati del Dipartimento per le Politiche Antidroga ci dicono che circa 650.000 giovani (il 19% degli studenti di 15-19 anni), hanno assunto sostanze psicoattive illegali nel corso del 2020 (il 5.3% ha assunto due sostanze e il 4% almeno tre).
Tra le varie sostanze utilizzate, la Cannabis rappresenta la quota più ampia, sia tra i giovani che tra gli adulti (in totale, la usano 5.9 milioni di Italiani). Ne fanno uso poco più del 30% dei ragazzi e quasi il 21% delle ragazze; 90mila studenti riferiscono un uso pressoché quotidiano e 150mila un uso problematico. Il 21% degli studenti utilizzatori è a rischio di sviluppare dipendenza: il 4.9% nei 15enni, il 29% tra i 19enni, fino al 53% se poli-utilizzatori.

Il 12% dei ricoveri ospedalieri per droghe è dovuto ad intossicazioni da cannabis (innalzamento delle concentrazioni del THC), con un 11% delle utenze delle comunità terapeutiche legate alla cannabis. Questi dati cominciano a farci capire che la cannabis non può essere considerata una droga innocua.

Va segnalato come la cannabis sativa, da cui sono ottenute l’hashish e la marijuana, quella contenente il principio psicoattivo THC (Delta-9-tetra idrocannabinolo), che aveva in passato 1.5- 4% di THC, adesso può contenerne fino al 76%. Per non parlare dei cannabinoidi sintetici, da 5 a 80 volte più potenti della cannabis naturale.
Essendo una sostanza chimica con effetti psicotropi, anche la cannabis, come le altre sostanze illecite, agisce legandosi ad alcuni recettori cerebrali (CB1) su cui agiscono normalmente gli endocannabinoidi, molecole del nostro organismo, di grande importanza per il funzionamento di funzioni cognitive complesse, quali memoria, apprendimento ed emozioni, pianificazione dei comportamenti. La somministrazione di THC agisce anche incrementando il release di dopamina, meccanismo alla base del meccanismo della dipendenza.
Il sistema endocannabinoide è anche essenziale nel favorire la maturazione del cervello; pertanto l’uso di cannabinoidi esogeni o sintetici durante le fasi in cui più intenso è lo sviluppo del cervello, e cioè la gravidanza e l’adolescenza, può essere particolarmente pericoloso.
Nei paesi occidentali la cannabis è tra le droghe illecite più abusate dalla donna incinta. L’uso in gravidanza è stato collegato, dall’American College of Obstetricians and Gynecologists, a pericoli per la sopravvivenza del neonato (bassi pesi alla nascita e aumentato rischio di mortalità), mentre l’Associazione Statunitense dei Pediatri ha espresso forte preoccupazione per gli effetti sullo sviluppo a lungo termine del cervello dei bambini, con comportamenti aggressivi e danni neurologici nell’apprendimento, memoria, attenzione. A fianco di tutto ciò vi è anche una nuova drammatica emergenza sanitaria, quella dei bambini che vengono alla luce già in crisi di astinenza (in USA fino al 6% di tutti i parti). Negli USA, inoltre, il 15% delle donne in allattamento fa uso di cannabis.

Un altro momento delicato per l’evoluzione del cervello è l’adolescenza, quando Il cervello non ha ancora completato il suo sviluppo e sotto l’effetto della cannabis potrebbe rallentare o compromettere il suo normale processo evolutivo, con conseguenti deficit comportamentali (apatia, rallentamento motorio) e cognitivi (smemoratezza, rallentamento del pensiero), e una riduzione fino a 10 punti del QI; si tratta di cognitività che non si sviluppa e non si recupera più. L’adolescenza, inoltre, è considerata un periodo critico per la corretta strutturazione dei processi emozionali e affettivi; da ciò deriva un’associazione aumentata tra consumo di cannabis e rischio psichiatrico, ansietà, depressione e disordini psicotici. Il 12% delle persone con disturbo depressivo maggiore e 1 su 4 con schizofrenia hanno disturbi psichici da cannabis.

L’assunzione di prodotti della cannabis determina, inizialmente, sensazioni di rilassatezza, di benessere, di disinibizione, cui possono accompagnarsi distorsioni olfattive e visive, e un rallentamento delle funzioni motorie, della parola, della capacità di attenzione, e molta sonnolenza. L’assunzione abituale può essere causa di molti disturbi neurologici, comportamentali e sociali, come riportato nel 2014 da una delle più autorevoli riviste scientifiche al mondo, il New England Journal of Medicine (NEJM), ma ripreso nel 2018 dall’American Academy of Pediatrics e da numerose altre riviste scientifiche: 1. Riduzione della memoria a breve e lungo termine, e del QI, con difficoltà nell’apprendimento. 2. Disturbi della coordinazione motoria e riduzione della capacità di reazione durante la guida, e conseguente aumento del rischio di incidenti stradali (l’aggiunta di alcol lo aumenta di 7 volte). 3. Aumento di impulsività e diminuzione della capacità critiche di giudizio, con eccessi d’ira e risposte esasperate agli stimoli esterni, in particolare nei casi con disturbi latenti della personalità. 4. Dipendenza: 9 persone su 100 diventano dipendenti da questa droga, 1 su 5 tra coloro che cominciano a usarla in adolescenza, 1 su 2 tra coloro che la usano quotidianamente. 5. Alterazioni dello sviluppo cerebrale nell’embrione, nel feto e nell’adolescente. 6. Aumento del rischio di disordini psichici fino alla schizofrenia, in particolare in persone fragili e con predisposizione. 7. Rischio aumentato di ospedalizzazione per ischemia cerebrale.

L’uso di marijuana, inoltre, è un fattore di rischio anche cardiovascolare, con eventi che possono giungere fino alla morte.
Individui che regolarmente usano cannabis, infine, sono molto più disponibili ad usare altre droghe. La cannabis, di per sé, non porta al consumo di altre sostanze, ma al desiderio di alterazione mentale, sì, e se è questo che si cerca si tenderà anche a sperimentare altro, e nel mercato delle droghe certamente non mancano le proposte alternative. Non per nulla la cannabis è la prima droga utilizzata da chi ha sviluppato una grave tossicodipendenza.

La lotta alle organizzazioni criminali che con la droga si arricchiscono è un affare complesso che compete allo Stato. Ma, come ho già detto, è una battaglia che va combattuta anche nelle famiglie e nelle scuole, perché i giovani percepiscono sempre meno la cannabis come un pericolo per la salute. Iniziamo a spiegare ai nostri figli che non esistono droghe leggere e droghe pesanti.
Farei poi un appello al Ministro dell’Educazione perché attivi, ogni anno, ore di insegnamento dedicate a questo argomento, iniziando da subito dopo la primaria, in modo da intercettare le prime tentazioni alla trasgressione e trasformare i più giovani, da possibile bersagli di spacciatori senza scrupoli, in persone più consapevoli e capaci di difendersi. L’età più delicata comincia con i 12 anni, quando si cessa di essere bambini per diventare ragazzi, quando si comincia a uscire la sera da soli. Gli spacciatori si trovano fuori dalle scuole, all’angolo di un bar, nel web. A quell’età si è ancora fragili, non è ancora del tutto sviluppata la parte razionale del cervello, ed è più facile che si ceda alle lusinghe dei più grandi: provare non costa nulla e lo fanno tutti.

La lotta alla cannabis deve essere vista, non solo come contrasto alla malavita, ma, principalmente, come mezzo per proteggere i giovani, che sono il futuro del nostro paese. Lasciare gli spacciatori all’angolo delle scuole significa non interrompere mai quella catena che, dall’approccio iniziale alla droga “per gioco”, porta al consumo diffuso nella società e ad un alto numero di ragazzi tossico-dipendenti. E il primo anello di questa catena si spezza anche con un’azione che miri a togliere dalla mente dei nostri figli due assunti sbagliati: quello che esistano droghe leggere e quello che senza lo “sballo” non ci si diverta.

I motivi per cui il consumo di prodotti della cannabis non deve essere legalizzato si possono riassumere nel modo seguente:

1) Alla base della richiesta di legalizzazione c’è un grande errore, e cioè l’assunto diffuso della innocuità della cannabis, considerata non in grado di dare dipendenza e libera da importanti o duraturi effetti a livello somatico. In realtà la cannabis fa male e non esiste distinzione tra droghe leggere e pesanti, ma fra droghe che fanno meno male e quelle che fanno più male, altrimenti si rischia di considerare le droghe leggere come innocue. Inoltre la cannabis può dare dipendenza.

2) L’idea politica è che la legalizzazione faciliterà il controllo della diffusione della cannabis e contrasterà la criminalità organizzata.
Intanto c’è da chiedersi se è verosimile che la messa a disposizione di una sostanza già di amplissima e praticamente libera diffusione possa contribuire alla riduzione del suo uso, o non sia piuttosto inevitabile il contrario. Inoltre, la legalizzazione, come in tutti i paesi in cui è stata approvata, avrebbe effetto solamente per persone adulte e agirebbe marginalmente sulla diffusione delle droghe in genere, non eliminando il mercato clandestino. Alla vendita illegale ricorrerebbero gli adulti in cerca di sostanze a più alto potere psicotropo di quelle che sarebbero vendute legalmente, ma soprattutto le categorie più deboli e meno protette, i giovani, ai quali sarebbe, giustamente, vietato l’accesso alla cannabis legale.
Se l’effetto della legalizzazione deve essere quello di eliminare lo spaccio illegale, forse le proiezioni fatte non sono realistiche.

3) La legalizzazione eliminerebbe nei giovani un deterrente psicologico, quello della droga pericolosa per la salute: sarebbe un messaggio devastante che farebbe deragliare la legalità e i tanti anni di lavoro di prevenzione. Se lo Stato non lo vieta, allora vuol dire che si può fare!

4) La vera questione della legalizzazione è che non sconfigge la malavita e lascia indifesi i più giovani, che sono il vero futuro, quello ancora sano, da proteggere.Quindi, facciamo prevenzione occupandoci dei nostri giovani e proteggendoli, e nel contempo facciamo una lotta spietata contro i malfattori che inondano il nostro paese di droghe, combattendo tutte le droghe. Uno dei rischi legati alla legalizzazione è che, nel momento in cui la vendita della cannabis diventa legale, si allenti la campagna di prevenzione e di lotta allo spaccio. Uno degli obiettivi della legalizzazione è la conseguente riduzione della lotta agli spacciatori, come previsto in alcuni disegni di legge.

5) Ricordiamoci che l’art. 32 della nostra Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *