Il latino e la matematica: due facce della stessa medaglia

Andrea Balbo
Professore ordinario di Lingua e letteratura latina – Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Torino

Marina Marchisio
Professoressa ordinaria di Matematiche complementari – Dipartimento di Biotecnologie molecolari e Scienze per la Salute, Università di Torino

“Il latino è come la matematica: serve per ragionare”. Questa frase, formulata in modo assiomatico e trasmessa in innumerevoli varianti che meriterebbero anche una certa attenzione filologica, rappresenta normalmente l’argomento principe di coloro che ritengono che il latino e la matematica siano discipline che aiutano lo studente a trovare vie razionali per organizzare le risposte più efficaci alle sfide educative. Tuttavia, un facile rasoio di Ockham da applicare a questo assioma è il seguente: “tutte le discipline implicano riflessione e ragionamento, non si tratta di una peculiarità del latino o della matematica”. Da questa argomentazione si può dedurre, come è stato fatto, che latino e matematica siano materie difficili e che se ne debba ridurre l’impatto ‘distruttivo’ sugli studenti, magari eliminando la prima ove possibile (come nei trienni dei licei linguistici) o ripensando da capo a piedi la seconda. Ora, se eliminare rappresenta una sconfitta e una perdita culturale, ripensare è invece non solo una sfida significativa per chi si occupa dell’insegnamento disciplinare e ritiene che metodologia e contenuti debbano procedere insieme in un cammino virtuoso ed efficace.

Chi scrive ha voluto provare a mettersi in gioco unendo, in un corso di formazione tenutosi nel 2016, 15 docenti di latino e 35 di matematica provenienti da 30 scuole di Torino e attivi su un numero complessivo di 1250 studenti. Il corso, finanziato dalla Fondazione Scuola della Compagnia di San Paolo, ha formato i docenti all’uso di un ambiente digitale di apprendimento per il latino e per la matematica, ma, soprattutto, ha voluto far riflettere i corsisti sulla presenza di fondamenti epistemologici comuni alle due discipline, per fornire una base teorica agli asserti empirici precedentemente citati. La produzione di contenuti, gli scambi di idee sui forum, la condivisione negli incontri in presenza sono riusciti a creare una vera e propria comunità educante, che ha creato soddisfazione nei docenti e ha riscosso un grande interesse negli studenti, come potremo mostrare in una versione più ampia di questo contributo che apparirà sulla rivista. In ogni caso, va sottolineato come, tra i risultati concettuali del corso, ci sia stato il riconoscimento del carattere linguistico delle due discipline, che, pur legate a forme di apprendimento differenti, possiedono formalismi che possono dialogare e consentono di superare false dicotomie fra le cosiddette due culture (se ci rifacciamo all’ormai superata contrapposizione di Snow, che, in un contesto di mondo digitale, ha ormai perso significato).

Far lavorare insieme docenti e studenti e far collaborare attivamente scuola e università ha rappresentato un esperimento riuscito e ha contribuito a valorizzare la professionalità e la progettualità degli insegnanti, aprendo la strada a progetti ulteriori destinati al recupero educativo come Scuola dei Compiti (https://scuoladeicompiti.i-learn.unito.it/) in collaborazione con la Città di Torino e Compiti@casa con il sostegno della Fondazione De Agostini (https://compitiacasa.i-learn.unito.it/), in cui le discipline umanistiche e le STEM dialogano continuamente, in un contesto che deve sempre più portare a un approccio unitario alla conoscenza e alla competenza da parte dello studente.

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