Politica estera, un Occidente inesistente riscopra le sue radici

Giuseppe Valditara

Il 28 luglio il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha incontrato a Pechino una delegazione talebana guidata dal capo dell’ufficio politico. Come scrive Claudio Bertolotti sul sito dell Ispi, la Cina è alla ricerca di un’area di influenza da sottrarre agli Usa, creando nel contempo una continuità territoriale di interessi commerciali, ma non solo, con Pakistan e Iran.

La prossima caduta di Kabul potrebbe dunque costituire l’occasione per una più stretta alleanza fra Pakistan, Afghanistan e Cina. Da questo nuovo scenario potrebbero nascere pericolosi sviluppi sullo scacchiere asiatico, africano e mediorientale. A tutto ciò si aggiunga un ulteriore elemento. Proprio il 10 di agosto Cina e Turchia hanno festeggiato i 50 anni delle loro relazioni diplomatiche. Le autorità turche hanno sottolineato come la Cina sia diventata un partner indispensabile per la Turchia, evidenziando la straordinaria crescita delle relazioni commerciali anche in tempi di Covid. La saldatura fra Cina e mondo islamico potrebbe avere conseguenze devastanti sugli equilibri mondiali e sulla stabilità della stessa Europa.

L’amministrazione Biden, seguendo l’esempio di quella Obama, sembra dimostrare un sostanziale disinteresse verso il rilancio del ruolo americano e più in generale occidentale nel mondo. Alla base di questo disinteresse, oltre a questioni di bilancio, ci sono convinzioni culturali: una certa America non crede più nell’Occidente. Viene da pensare che la stessa “cancel culture” faccia parte di un progetto, in qualche modo ispirato da chi ha in mente differenti scenari egemonici, di annientamento della civiltà occidentale. L’ “abbattimento delle statue” non sarebbe dunque soltanto una ingenua reazione ai frutti del peraltro lontano colonialismo bianco.

L’Europa è d’altro canto del tutto incapace di concepire un suo ruolo internazionale. Il rifiuto di inserire nella costituzione europea un accenno alle origini culturali della unità del Continente, dimostra la assenza di una visione identitaria comune e dunque genera la impossibilità di concepire un ruolo europeo in un contesto internazionale: se non si ha contezza del sé, difficilmente si può autorevolmente entrare in rapporti con gli altri.

Se questo è vero, occorre innanzitutto sviluppare una grande riflessione culturale sulla importanza, oggi più di ieri, della identità occidentale e dei suoi valori, partendo inevitabilmente dalle sue radici e cioè dalla civiltà classica per arrivare fino al grande dibattito sullo stato di diritto e sulle libertà individuali affermatosi fra ‘700 e ‘800 fra le due sponde dell’Atlantico.
In questo dibattito dovrà essere coinvolta anche la Russia che solo una politica miope può abbandonare al pericoloso abbraccio con la Cina.

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