Istituto Storico Italiano per il Medioevo, perché lo sfratto va evitato

Il Comune di Roma ha sfrattato l’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, chiedendo di “rilasciare bonariamente i locali, liberi da persone e cose, entro 90 giorni dal ricevimento della presente…”. Si minaccia la “riacquisizione forzosa del bene”, sostenendo che l’Istituto è debitore di 24.437,88 euro (fatto, questo, contestato dal Presidente, prof. Massimo Miglio). I locali sono richiesti per le necessità di spazi dell’Archivio storico capitolino, che era stato collocato nel complesso borrominiano dal ministro Pietro Fedele, lo stesso che aveva concesso all’Istituto nel 1923 il palazzo di Piazza dell’Orologio.
L’Istituto Storico Italiano per il Medioevo non è certo uno dei tanti enti inutili; è, al contrario, un centro di studi e ricerca attivo, che vanta accordi di collaborazione con svariati atenei italiani e stranieri, che partecipa a progetti di ricerca di ambito nazionale e internazionale (https://www.isime.it/index.php/attivita-scientifica/progetti), dove si svolgono regolarmente seminari, convegni, presentazioni di volumi.
L’Istituto, fondato nel 1883 per dare “unità e sistema alla pubblicazione de’ Fonti di storia nazionale”, assunse il titolo di Istituto Storico Italiano per il Medio Evo nel 1934. Gli venne affidata anche la direzione scientifica della ristampa nazionale dei Rerum Italicarum Scriptores del Muratori. Con R.D. 31 dicembre 1923, n. 3011, fu istituita presso l’Istituto la Scuola Nazionale di studi medievali per la ricerca e lo studio delle fonti per la storia d’Italia e la loro pubblicazione (https://www.isime.it/index.php/pubblicazioni). L’istituto – conosciuto dai medievisti e dagli storici di tutta Europa, vanta una biblioteca specializzata, che conta ormai più di 100.000 volumi e più di 760 testate di riviste italiane e straniere, aperta al pubblico (https://www.isime.it/index.php/biblioteca).
Il Comune aveva restaurato nel 2006 grandi spazi al secondo piano e al terzo piano del complesso borrominiano destinati al Capitolino, spazi che risultano ad oggi del tutto inutilizzati. Quali sono le motivazioni di questa assurda richiesta? Non si sa. Ciò che pare evidente è che ben poca attenzione viene rivolta alle istituzioni culturali del Paese, e alla loro salvaguardia. Non solo sfuggono le ragioni dello sfratto, ma l’amministrazione capitolina sembra ignorare che trasferire 100.000 volumi non è operazione da poco, anche avendo a disposizione uno spazio adatto. Ma se ci fosse lo spazio, in fondo, perché non trasferirvi l’Archivio storico capitolino, evitando le spese e le difficoltà di un doppio trasloco?
Una vicenda, questa dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, che una volta di più mostra come questo paese difenda la cultura solo a parole, senza rendersi conto che proprio da questa politica senza cultura deriva la scarsa qualificazione di chi dovrebbe guidare il Paese.

Alessandra Veronese
Professore associato di storia medievale
Università di Pisa

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