Nucleare, l’industria italiana è pronta

Marco Ricotti
Professore ordinario di Impianti Nucleari del Politecnico di Milano

L’industria nucleare italiana si è dimostrata di qualità e particolarmente resiliente, nonostante due referendum contrari all’atomo: la supply chain tricolore ha continuato a fornire componenti e sistemi alle centrali nucleari in Europa e fuori Europa e a partecipare allo sviluppo delle nuove tecnologie di reattori. Oggi sarebbe in grado di concorrere con successo, come già accaduto sinora, alla selezione dei migliori partner da parte dei principali elettroproduttori Europei: per l’estensione di vita dei reattori nucleari (almeno 30 solo in Francia), per la realizzazione di nuovi reattori ‘evolutivi’ (14 già decisi in Francia, altri previsti in molti dei Paesi firmatari dell’Alleanza), per lo sviluppo e la futura costruzione, verso il 2030, degli SMR e poi degli Advanced Modular Reactor (AMR).

In particolare, si evidenzia la qualità e la capacità realizzativa potenziale della supply chain italiana per queste nuove tecnologie: da un primo round esplorativo[1] del Politecnico di Milano, infatti, sono emerse 25 aziende, in particolare forgiatori e manifatturieri, coinvolgibili e interessate agli SMR. Nell’ipotesi di organizzare una ‘catena di montaggio coordinata’, tali imprese avrebbero la capacità di costruire ben 8 Reactor Pressure Vessel (ossia la ‘pentola a pressione’ che contiene il combustibile nucleare, il componente più grande e impegnativo nei piccoli reattori modulari) all’anno, su un mercato stimato di circa 10 SMR tra il 2030 e il 2035 e di circa 10-20 SMR all’anno nel periodo 2035-45.

Ulteriori elementi di novità per l’Italia sono emersi a Roma di recente, in occasione della giornata annuale dell’Associazione Nucleare Italiana (AIN) del 5 dicembre scorso: l’interessamento alle nuove soluzioni nucleari di alcuni stakeholder nazionali, vale a dire utilities (Edison ed ENEL) ed energivori (AssoCarta, FederAcciai, i settori della ceramica, del vetro, del cemento).

In effetti i primi potrebbero seguire esempi ‘cooperativi’ quale quello finlandese e creare un ‘pool’ di aggregazione di vari elettroproduttori interessati, distribuendo così il rischio d’impresa; i secondi potrebbero concordare con i primi accordi di lungo termine (ad es. Power Purchase Agreements-PPA) per l’approvvigionamento di elettricità-calore-idrogeno prodotti con SMR (e in alcuni casi specifici, MMR, anche se il percorso di sviluppo tecnologico appare più lungo), garantendosi così forniture certe, a prezzi prevedibili e sostanzialmente stabili.

Ritornando al livello europeo, è utile sottolineare quanto la riforma del mercato energetico oggi in discussione accomuni in modo singolare due mondi, quello delle rinnovabili e quello del nucleare, che sino ad ora sono stati separati più dall’ideologia e dalla volontà di distinguersi (soprattutto da parte del mondo ‘rinnovabilista’) che da reali motivazioni economico-industriali. Con il venir meno degli incentivi, anche le rinnovabili si scoprono business ‘capital intensive’ come il nucleare e richiedono modalità di contratto che garantiscano la remunerazione dell’investimento del lungo termine (ad es. attraverso i Contract for Difference – CfD).

Il risultato complessivo di quanto discusso sin qui è semplice: il prossimo appuntamento elettorale europeo sarà decisivo. Non tanto o non solo per il ruolo che il nucleare potrà giocare in Europa, ma per tutte le decisioni che Commissione, Consiglio e Parlamento europei dovranno prendere sullo scacchiere delle strategie energetiche, geopolitiche ed economico-industriali dei prossimi anni. Decisioni che guideranno l’UE verso una transizione veramente ‘giusta’, efficace e anche ‘ecologica’, oppure pervicacemente ancora troppo ‘ideologica’. Ricordiamo anche questo, quando andremo a votare agli inizi di giugno.

Infine, una nota istruttiva dalle recenti notizie circa il nuovo governo francese guidato da Attal. Il riassetto dei ministeri ha portato, dopo ben 17 anni, alla separazione del portafoglio dell’energia da quello dell’ecologia nell’omonimo ministero e al suo ritorno nel ministero dell’economia. A chi volesse strapparsi le vesti per questa decisione, ricordiamo che anche l’ecologissima Germania ha posto l’energia sotto il ministero dell’economia e della protezione del clima, consegnato poi al capo dei Verdi Robert Habeck.

L’ecologia è molto più che la sola energia, l’energia è molto più che la sola ecologia: i francesi dimostrano un notevole pragmatismo e una saggia consapevolezza dell’importanza strategica del tema energetico per un Paese.

Un suggerimento da tenere a mente anche per il caso nostro, poiché l’aver spostato un dossier così importante dal dicastero dello sviluppo economico/industria a quello dell’ambiente (soprattutto conoscendo storia e vicissitudini di quest’ultimo) è stata una delle decisioni più ideologiche e ‘politically correct’ degli anni recenti (a tanto non erano giunti neanche i M5S).

Ma, come mostrano i francesi, c’è sempre tempo per recuperare gli errori.


[1] Italian Nuclear Supply Chain for Small Modular Reactors, Preliminary investigation and Case Study on Large Components manufacturing, November 2023. (https://www.nuclearenergy.polimi.it/italian-nuclear-supply-chain-for-small-modular-reactors/)

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