Scuola e inclusione degli stranieri: oltre la retorica

La parola inclusione è una delle grandi direttive della società e della scuola contemporanea. Non è un caso, infatti, che anche l’agenda ONU 2030 preveda come obiettivo n. 4 quello di “garantire un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa“.

Ed è vero, come ci ha insegnato il sociologo Bauman (2004, p. 40), che se «la portata di un ponte non si misura dalla forza media dei suoi piloni, ma dalla forza dei più deboli tra loro», così anche per la società nella quale viviamo e per la scuola che desideriamo per tutti.

È però altrettanto vero che questa parola rischia talvolta di prestarsi ad un uso retorico, non sempre adeguato o, quantomeno, forzato. L’inclusione nella scuola italiana, per utilizzare una formula contenuta in una nota ministeriale della metà degli anni ’70 in tema di integrazione degli studenti con disabilità, «può essere ancora, per molte situazioni, più una meta ed un criterio di riferimento nel processo di crescita della scuola che non una piena realizzazione» (relazione allegata alla C.M. n. 227 dell’8 agosto 1975).

Anche con riferimento agli studenti stranieri si parla sempre più spesso della necessità di “includerli” maggiormente e con più efficacia nel contesto scolastico. Certamente molta strada in questi decenni è stata compiuta, ma tanto rimane ancora da fare. Pertanto, occorre a mio avviso innanzitutto provare a vedere la realtà delle cose, con realismo e senza ipocrisie, individuando possibili strade da percorrere.

In primo luogo occorre essere consapevoli che la sfida dell’incontro con l’altro è qualcosa di perenne e mai finito che chiama ognuno di noi quotidianamente in gioco: infatti, come ha scritto Adriana Schiedi (2021, p. 207), «identità e alterità costituiscono le parole soglia e i termini chiave della relazione educativa, che stanno alla base dell’incontro fra persone, popoli, culture e religioni diverse e di una formazione che si sviluppa nella reciprocità». In questo cammino di incontro tra identità e alterità la scuola da sempre rappresenta uno dei principali ambiti di sperimentazione e realizzazione concreta.

Identità e alterità sono dunque termini che assumono oggi nel contesto multiculturale delle classi delle scuole in Italia, dove circa il 10% degli studenti (oltre 800.000) non ha cittadinanza italiana, un significato ancora più profondo e decisivo (cfr. Biondi Dal Monte & Frega, 2023), andando a configurare un contesto peculiare nel quale le differenze linguistiche e culturali possono diventare un valore arricchente a fondamento del rispetto reciproco e della comune convivenza civile.

La nostra Costituzione, com’è noto, afferma in maniera perentoria che “la scuola è aperta a tutti” (art. 34), senza ulteriori specificazioni; quindi con quel “tutti” si comprendono i cittadini con nazionalità italiana e non, senza alcun tipo di preclusione.

Da questo punto di partenza, sicuramente fondamentale e condiviso, emerge il problema in oggetto, che si può riassumere nel modo seguente: come perseguire la realizzazione di una scuola dell’inclusione (Bertagna, 2022) aperta a tutti e attenta ai bisogni e alle peculiarità di ciascuno, garantendo al contempo il massimo rispetto a ognuno di perseguire il proprio diritto-dovere di istruzione, sfruttando appieno delle opportunità formative di apprendimento che gli sono offerte?

In quest’ottica è di tutta evidenza, come già sottolineato in un recente contributo pubblicato su questo stesso sito (https://www.lettera150.it/2024/03/26/integrazione-e-classi-ghetto-la-lezione-americana/), che «cercare di evitare classi interamente o prevalentemente composte da immigrati sia una disposizione a favore dell’integrazione e non invece a favore della segregazione».

La questione posta non si limita solo ad evitare – per quanto possibile – dal punto di vista organizzativo l’istituzione di classi dove vi sia una massiccia presenza di studenti con cittadinanza non italiana. Si tratta piuttosto di tutelare e garantire in termini sostanziali – e non solo formali – quel diritto-dovere di istruzione che si concreta non appena nell’accesso e nella frequenza ad una istituzione scolastica (“la scuola è aperta a tutti”) ma che si realizza pienamente solo in termini di opportunità di apprendimento per ciascuno.

È sotto questo profilo che occorre confessare, innanzitutto a noi stessi, che molto vi è ancora da fare e che il modello attuale presta il fianco a numerose criticità. D’altronde i dati INVALSI ci dicono che gli studenti stranieri sono quelli a più alto rischio di abbandono e dispersione scolastica, con una percentuale che nel nostro Paese si aggira attorno al 35%, tra i più alti d’Europa, a fronte di una media nazionale che si attesta al 11/12% (MIUR, 2022).

Accanto ad opportune misure che consentano una composizione più equilibrata delle classi, è dunque urgente in questo ambito intraprendere con ancor più convinzione la strada della personalizzazione dei percorsi formativi. Il tema dell’educazione interculturale, infatti, racchiude in sé un fenomeno particolarmente complesso e diversificato e non esiste una unica soluzione per tutti: il “one size fits all” difficilmente funziona in educazione e in questo caso ancora meno. Una personalizzazione che può andare a prevedere anche la messa in discussione della tradizionale composizione del gruppo classe per ragioni esclusivamente “anagrafiche”, quanto piuttosto privilegiando gruppi di lavoro, tematiche di approfondimento e livelli di apprendimento. Una classe che diventa scomponibile a seconda dei momenti della giornata, consentendo a chi ha particolari lacune in determinate materie (per es. nell’apprendimento della lingua italiana L2 con docenti appositamente formati per questi compiti) di recuperare e chi vuole potenziare altri aspetti di poterlo fare. Tutto questo senza ovviamente ledere alcun principio costituzionale dall’art. 3 al già richiamato art. 34 ma, anzi, per perseguirli in maniera più efficace.

In realtà si tratta di recuperare quanto già previsto dall’art. 38 del d.lgs. n. 286 del 1998 che sanciva «il compito di garantire l’effettività del diritto allo studio anche mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana, la cui non adeguata conoscenza può costituire un ostacolo alla realizzazione del percorso formativo» (Arconzo, 2024, p. 539. Si veda anche Poggi, 2024).

L’ipotesi qui sinteticamente illustrata è perciò quella di passare da una visione che considera la classe come un totem organizzativo intoccabile, ad una prospettiva di carattere squisitamente idiografico, che parta dalla singolarità di ciascuno studente per creare percorsi equilibrati che consentano a tutti di crescere e imparare. Nel rispetto reciproco e nell’arricchimento tra diverse culture, storie, tradizioni. Tutte in ogni caso all’interno di un medesimo framework di valori condivisi che trova nella Costituzione repubblicana il suo imprescindibile punto cardine, argine sicuro e sentiero da percorrere.

Francesco Magni
Docente di Pedagogia generale e sociale
Università degli Studi di Bergamo


Per approfondire

G. Arconzo, Istruzione, inclusione e integrazione socio-culturale. Per una interpretazione dell’istruzione costituzionalmente inclusiva, in «Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti», n. 1, 2024, pp. 525-560).

Z. Bauman, Tutti schiavi del fitness: la compassione dov’è?, in «Vita e pensiero», n. 3, maggio-giugno 2004

G. Bertagna, Per una scuola dell’inclusione, Edizioni Studium, Roma 2022

F. Biondi Dal Monte, S. Frega, Per l’uguaglianza sostanziale tra i banchi di scuola. Immigrazione, inclusione e contrasto alla dispersione scolastica, Franco Angeli, Milano 2023

A. M. Poggi, L’istruzione come fattore di partecipazione: le nuove sfide della complessità, in «Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti», n. 1, 2024, pp. 409-425)

A. Schiedi, Io-altro. Oltre il conflitto, per una pedagogia della differenza sub specie harmoniae, pp. 207-242 in F. Magni, A. Potestio, A. Schiedi, F. Togni, Pedagogia generale. Linee attuali di ricerca, Edizioni Studium, Roma 2021

MIUR – Ministero dell’Istruzione (2022), Gli alunni con cittadinanza non italiana, a.s. 2020/2021

MIUR – Orientamenti interculturali. Idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori, pubblicato nel marzo 2022 a cura dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale

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