Domenico Rossi, generale, già sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito
Da sempre Israele ha considerato come minaccia primaria al suo diritto di esistere ovvero alla sua sopravvivenza il programma nucleare dell’Iran.
Per questo ritenendo che tale programma fosse ormai prossimo alla produzione di armi atomiche se non già raggiunto, Israele, nella notte tra il 12 e 13 giugno, ha lanciato l’operazione, preparata da anni, ‘Rising Lion’.
L’attacco una combinazione di guerra elettronica ,infiltrazione e uso massiccio di droni è stato poi condotto con circa 200 caccia israeliani colpendo postazioni missilistiche e siti strategici, distruggendo decine di rada.In particolare è da evidenziare la grande opera del Mossad. Infatti l’intelligence israeliana avrebbe infiltrato sul suolo iraniano veicoli camuffati con tecnologie avanzate e unità di commando che hanno piazzato missili di precisione accanto a sistemi di difesa aerea iraniani distruggendoli nel momento necessario. I principali obiettivi sono stati gli impianti per l’arricchimento dell’uranio di Natanz e gli altri due siti strategici dell’Iran, quello super-blindato di Fordow e di Isfahan. Contestualmente però e di paritetica importanza i raid hanno inferto un durissimo colpo ai vertici della Repubblica islamica. Sono stati così uccisi il capo di Stato maggiore, Mohammad Bagheri (sostituito da Abdolrahim Mousavi), il comandante dei Guardiani della Rivoluzione, Hossein Salami (sostituito da Mohammad Pakpour), il comandante del quartier generale centrale Khatam al-Anbia, Gholamali Rashid (sostituito da Ali Shadmani), ed il capo del settore aerospaziale dei Pasdaran, Ali Hajizadeh nochè anche Ali Shamkhani, uno dei più influenti politici dell’Iran e consigliere di Khamenei. Inoltre proprio per disarticolare il programma nucleare sono stati uccisi anche sei scienziati nucleari iraniani, tra cui l’ex capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, Fereydoun Abbasi, ed il presidente dell’Università Islamica Azad, Mohammed Mehdi Tehranchi.
Una prima considerazione è che l’attacco in questione non può che essere considerato che come una reale dichiarazione di guerra trattandosi anche di una azione di uno Stato contro un altro Stato e non come a Gaza contro Hamas o in Libano contro la parte militare di Hezbollah. In tal senso non ci si può aspettare un’operazione limitata, come quelle condotte in territorio iraniano il 26 ottobre 2024 ed il 13 giugno 2025, ma l’inizio di una operazione che si concluderà solo al raggiungimento degli obiettivi:la distruzione dei siti nucleari o più precisamente la fortissima disarticolazione del programma nucleare iraniano e in ultima analisi il sovvertimento dell’attuale governance iraniana.
Le cause di quest’attacco possono essere individuate in vari fattori ,di cui il primo sicuramente l’avvio dei negoziati sul nucleare tra l’amministrazione Trump e il regime degli ayatollah, contestualmente a una sempre maggiore insofferenza per la strategia portata avanti da Israele a Gaza ,ove il raggiungimento della distruzione della capacità operativa di Hamas sta andando avanti senza considerare le numerose vittime civili. Una strategia che mina anche la possibilità di accordo con gli Stati arabi moderati, sia sul piano economico sia su quello militare.
A questo occorre aggiungere che per la prima volta, un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha rivelato che le scorte di uranio di Teheran, arricchito al 60%, continuano ad aumentare, in violazione di ogni accordo, dando pertanto ragione alle denunce israeliane più volte ignorate dal contesto internazionale.
In Iran sono state innalzate bandiere rosse che nella simbologia sciita segnalano il desiderio di “vendetta“ ,di cui non è possibile valutare nè la tempistica né la reale capacità di produrre danni effettivi e sostanziali in Israele.
Dinanzi allo scenario che si sta configurando con ripetuti raid israeliani e con l’inizio di una consistente risposta missilistica e di droni da parte iraniana si assiste alle varie prese di posizione in campo internazionale.
Vladimir Putin “ha sottolineato che la Russia condanna le azioni di Israele”, le quali “violano la Carta delle Nazioni unite e il diritto internazionale”, lo riferisce il Cremlino,a seguito di un colloquio con il premier israeliano, in una nota in cui si legge anche che il governo di Mosca “continuerà a contribuire alla de-escalation del conflitto tra Iran e Israele”: “La parte russa ha pienamente sostenuto gli sforzi per risolvere pacificamente la situazione relativa al programma nucleare iraniano e ha presentato iniziative specifiche volte a trovare accordi reciprocamente accettabili”. Nel citato colloquio Putin ha ribadito l’”importanza di riprendere il processo negoziale e di risolvere tutte le questioni relative al programma nucleare iraniano esclusivamente attraverso mezzi politici e diplomatici, esprimendo anche la volontà di fornire una mediazione per prevenire un’ulteriore escalation delle tensioni”.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ribadito il pieno sostegno americano a Israele, esortando l’Iran a “fare un accordo prima che non rimanga nulla e salvare quello che una volta era conosciuto come l’impero iraniano. Basta morte, basta distruzione, facciamolo prima che sia troppo tardi”. Gli Stati Uniti hanno comunque informato che l’operazione contro l’Iran è stata un’iniziativa unilaterale di Israele e che sperano comunque che tale azioni spingano comunque l’Iran a portare avanti il negoziato sul nucleare, ma a precise condizioni.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha ribadito il diritto di Israele a “difendersi”così come il cancelliere tedesco, Friedrich Merz.
Per quanto concerne l’Italia,la Farnesina riferisce in una nota che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo iraniano, Abbas Araghch,in cui l’Iran è stato invitato ad evitare una escalation militare nel conflitto con Israele pe ri riflessi estremamente pericolosi per tutta la regione.
Ovviamente il regime iraniano ha ricevuto il sosegno di Hezbollah e degli Houthi, nonché quello del Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che ha definito ”una chiara provocazione” gli attacchi israeliani, così come l’attacco israeliano è stato condannato anche dall’Arabia Saudita.
In questo scenario di guerra pieno di incognite future occorre comunque evidenziare che l’operazione avviene in un momento di grande difficoltà internazionale per Israele,ai limiti dell’isolamento, essenzialmente dovuta all’elevato numero di vittime civili connesso con i ripetuti attacchi ad Hamas nella striscia di Gaza.
Sulla casualità si possono fare ilazioni ma certamente la nuova situazione sposta l’attenzione internazionale su una guerra capace di infiammare tutta la regione. Questo mentre ad esempio era in fase di realizzazione un’iniziativa diplomatica di massima portata tra Francia e Arabia saudita che stavano infatti organizzando per la prossima settimana a New York una conferenza internazionale con l’obiettivo del riconoscimento dello Stato palestinese, non come esito di un negoziato «ma come suo prerequisito».
Per ultimo a seguito dell’operazione vi è stata l’immediata richiesta iraniana di riunire il Consiglio di Sicurezza dell’Onu,in corso nel momento in cui viene redatto il presente articolo. Una nuova occasione per un Organismo che rischia ancora una volta di evidenziare la sua incapacità di intervenire in modo concreto sulle crisi internazionali.