Latino con entusiasmo

Il latino costituisce il ponte tra l’antico e il moderno. Nel senso che fa sua la cultura greca e nel senso che si dilata come lingua e cultura per l’Europa. Ritrovare questa matrice mentre se ne colgono gli esiti nei secoli e se ne comprende la forza generante che produce, ci immerge nel tempo e nello scorrere del pensiero.

Come entrare in questa dimensione, nell’insegnamento del latino? Come realizzare quel sostegno che il latino dovrebbe offrire all’apprendimento dell’italiano, come il Ministro Valditara ci suggerisce?

MORFOLOGIA E SINTASSI. LA TRADUZIONE

Essendo il latino una lingua sintetica rispetto all’italiano lingua analitica, grande è la consapevolezza del fenomeno ‘linguaggio’ che si ottiene nell’accostamento del diverso. Una diversità che vale per la morfologia del nome mentre del tutto simile risulta la morfologia del verbo. Ed è proprio questa assoluta somiglianza che investe l’intera organizzazione del periodo che va tenuta in considerazione per far fluire la potenzialità latina della comunicazione limpida e ‘logica’ nell’apprendimento dell’italiano, lingua direttamente figlia del latino. L’organizzazione del latino, dell’italiano e certamente delle altre lingue del gruppo indo-europeo come rilevò il Tesnière nel secolo scorso, si fonda sul verbo che come un elemento chimico attira nella sua significanza dei ‘complementi’ ( completamento di senso) al massimo tre primari. Attorno a questi elementi si dispongono le dipendenti. Non è qui il caso di continuare sul metodo valenziale di osservazione della lingua, che si rivela strumento efficacissimo nel momento della traduzione del testo latino: basta infatti scomporlo secondo questa indicazione per comprenderlo (prima fase della traduzione). Dobbiamo inoltre considerare che noi leggiamo i grandi autori latini, per cui non siamo immersi nello – diciamo così – scompiglio del parlato ma siamo di fronte a un modello particolare che comunica con limpidezza. Questa limpidezza della costruzione che si regge sulla corrispondenza dei modi e dei tempi del verbo tra reggenti e dipendenti si trasferisce nel concetto di ‘logica’ esemplare.

Tradurre il testo latino quindi fa apprendere ,per questa vigilanza costante, la via della comunicazione trasparente , sia scritta sia orale dell’italiano

IL LESSICO

L’apprendimento del lessico latino offre inoltre l’occasione di penetrare agevolmente nel cuore delle parole, ossia di attingere al ventaglio semantico dei radicali approdati nelle diverse lingue. Un approdo felice perché siamo investiti dal mito che le parole racchiudono, come indicava Wittengestein e contemporaneamente ci ritroviamo ad essere nel denominatore comune delle lingue europee, anzi indo-europee.

Pochi esempi. Se dico dubito ( verbo identico in italiano e latino), cosa sto dicendo? Dico: ‘essere due’. Tolto il sufisso -to intensivo, restano i radicali di ‘due’ e di ‘essere’ Due è evidente, ‘bi’ rappresenta il radicale in sanscrito ‘bhu’ che in sede interna in latino perde l’aspirazione resta bi, come l’inglese to be, lo slavo byti, il tedesco ich bin. In sede esterna, in latino e sotto l’accento protosillabico l’aspirata si spirantizza e abbiamo fui, e il suo vero presente fio.

Se dico ‘anima’ ( stesso termine in italiano e latino, francese âme, spagnolo alma ) so che essa è parente del ‘vento‘ (cfr. greco ánemos e del respiro (cf. sanscrito anithi). Se confronto il termine ‘luna’ della nostra lingua e del latino ( francese lune, spagnolo luna) , termine che si forma sul radicale della ‘luce’ ( leuk/ louk) ed indica appunto la luminosità del nostro satellite, il termine si confronta ma non ricalca la luna detta nell’area anglosassone: inglese moon, tedesco Mond ma anche greco mene. Attraverso la conoscenza dei radicali formatori apprendiamo che altri popoli videro, all’origine, nel satellite l’astro che ’misura’ il tempo, appunto avendo usato il radiicale di me-tior, misurare, da cui in latino men-sis, tempo del movimento di rotazione impiegato dalla luna attorno alla terra. Di qui francese mois, inglese month, tedesco Monat, spagnolo mes.

Interessante il caso in cui la ricerca dell’etimo dà valori non univoci e concetti disparati in grado di esprimere in nuce, comunque, riflessioni che faranno la storia del pensiero.. E’ il caso della parola ‘tempo’ divisa tra la possibilità di indicare un ‘ritaglio’, da confrontare con il radicale del greco tem-no, tagliare, per cui si individua la nozione di ‘istante’), l’exaifnes atopos di Platone, il to vun di Aristotele, l’enteufelter Nu di Celan ( istante sottratto al diavolo) da delinearsi, secondo Bachelard , che nel ‘900 condivide questa concezione del tempo ,con una linea bianca in cui si staglia il pallino nero dell’istante. Nel secondo caso, (tenendo invece presente il radicale del greco tei-no, latino ten-do, tendere, distendere) diversamente ma sempre nella concezione del tempo psicologico, è Agostino che sente il tempo come una distensio animi, una continuità che è il pensante ad avvertirla e che proprio Bachelard contestando Bergson, allineato con Agostino, illustrava con la riga nera su cui l’istante è un pallino bianco, presenza vuota. Heidegger, l’autore di Sein und Zeit, che facendo risalire questa interpretazione agostiniana allo stesso Aristotele e alla sua anima ‘numerante’, attribuisce pertanto al filosofo greco la prima teoria del tempo psicologico che invase il ‘900. Forse una risposta della filosofia alla scienza che allora infrangeva il tempo con la concezione della sua relatività?

Questo specimen sull’etimologia, chiarisce che il suo studio non corrisponde al desiderio degli Stoici che lo inventarono e così lo nominarono nel III sec. a.C., con il desiderio di appurare il ‘vero’ (etymon), nel senso di giungere a rilevare una significanza ontologicamente implicita nel segno. Ma si tratta, per noi, di rintracciare il denominatore comune delle lingue europee, indo-europee, che è in grado di trasmetterci la ricchezza semantica insita in ogni vocabolo, attraverso il ventaglio delle possibilità di espressione che ogni vocabolo assume nelle diverse lingue.

Il piacere di indagare nel cuore della parola può essere suggerito già nella secondaria di primo grado, nell’ora di latino, ai fini di far apprezzare la concretezza e la potenza del linguaggio. Nella secondaria di secondo grado l’osservazione etimologica del lessico si presenta come valido aiuto nella comprensione dei testi massimamente poetici, dove ogni vocabolo è particolarmente pregnante in quanto si ispira alla connotazione e non alla denotazione propria della comunicazione della prosa.

Emanuela Andreoni Fontecedro, Professore Senior presso l’Università di Roma Tre

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