Domenico Rossi, Generale, già Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito
L’evento più importante di questo ultimo periodo è stata la recente Conferenza di Roma sulla ricostruzione dell’Ucraina e non solo per la grande partecipazione , come dichiarato dal primo vicepremier ucraino Oleksii Sobolev : «È stata la conferenza più grande e produttiva mai organizzata», ma soprattutto per la concretezza dei risultati: oltre duecento accordi firmati ,di cui 40 italiani, più di dieci miliardi di euro mobilitati, seimila delegati da settanta Paesi e quarantacinque organizzazioni internazionali .
Il risultato finale può concretizzarsi in una specie di piano similare a quello Marshalll, il programma di aiuti economici promosso dagli Stati Uniti per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale.A tale Piano tra l’altro ,Ursula von der Leyen ha annunciato che si unirà l’ “European Flagship Fund for the Reconstruction of Ukraine”, sottolineando come tale fondo sarà «il più grande fondo di partecipazione azionaria a livello mondiale a sostegno della ricostruzione».
Oltre alla concretezza di tali risultati l’aspetto ancora di maggior valore emerso a Roma è decisamente il fatto che “Kiev non è sola”. In tal senso di massima efficacia e di profondo significato risultano le parole proferite nell’occasione dal nostro Presidente della Repubblica che nell’auspicare la pace ha sottolineato con forza come “deve essere, non ci stancheremo di ripeterlo, una pace giusta, complessiva, condivisa, duratura. Non sarebbe pace la resa alla sopraffazione del più forte. Una pace apparente, a condizioni ingiuste, ha sempre vita breve” e ancora “ Far prevalere il diritto internazionale riflette il comune sentire dell’umanità. Non è un esercizio astratto o utopico” per esprimersi sul fatto che le “ Politiche antagonistiche e di aggressione esprimono la parte sbagliata della storia”.
Una posizione ripresa anche dal Presidente del Consiglio Italiano che ha messo in rilievo la netta differenza di atteggiamento verso un cessate il fuoco incondizionato tra l’Ucraina e la Russia, sottolineando come solo l’Ucraina ha assicurato la disponibilità a sedersi al tavolo negoziale con altissimo livello di rappresentatività .
In sintesi ha evidenziato la Premier “il percorso per noi è chiaro, un percorso duplice: continuare a sostenere l’Ucraina e dall’altra mantenere, anzi, rafforzare la pressione nei confronti della Russia, soprattutto utilizzando lo strumento delle sanzioni.”
Per ultimo occorre evidenziare come a margine della conferenza vi sia stato l’incontro della Coalizione dei Volenterosi proprio per ribadire il pieno sostegno all’Ucraina e nell’occasione vi sia stata per la prima volta in videocollegamento la partecipazione dell’Inviato Speciale del Presidente Trump in Ucraina, il Generale Kellogg, che guida la delegazione statunitense alla Ukraine Recovery Conference. Di rilievo il fatto che Kellog nell’esprimersi, dopo avere rimarcato che lesue parole venivano anche da Trump, abbia evidenziato la necessità di non mollare nella difesa dell’Ucraina e di restare uniti come comunità internazionale occidentale. Ciò a conferma di una situazione di maggiore unità di intenti e obiettivi fra Unione europea e Stati Uniti, anche derivante da una diversa presa di posizione del Presidente Trump sul Presidente Putin dinanzi all’intransigenza su una possibile tregua e al costante incessante volume di fuoco che ogni giorno la federazione russa riversa sull’Ucraina senza distinzione tra obiettivi militari e civili e con il conseguente spargimento di sangue. A ciò si unisce il ripristino ,di fatto, delle forniture militari americane verso Kiev, annunciato dal Presidente Trump.
In un contesto che sembrava anche la premessa di un nuovo clima generale e maggiormente positivo nei rapporti tra Comunità Europea e Stati Uniti il 12 luglio il Presidente Trump ha inviato una lettera alla UE in cui prevede dazi al 30% sull’export europeo dal primo agosto. Peraltro nel rivolgersi alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen Trump sembra come lasciare spazio alla trattativa sebbene sotto condizione laddove indica l’applicazione dei dazi a meno che “desiderate aprire i vostri mercati commerciali, finora chiusi, agli Stati Uniti ed eliminare le vostre politiche tariffarie e non tariffarie e le barriere commerciali”.
Chiaramente la previsione di dazi doganali al 30% non possono che ricadere negativamente sulle esportazioni di tutti i Paesi Europei ivi comprese ovviamente quelle italiane . Tutto ciò con effetti diretti oppure indiretti ovvero derivanti dall’ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza dei mercati finanziari e un incremento del costo di molte materie prime. Un danno economico rilevante al nostro sistema produttivo che viene stimato fino a 35 miliardi di euro all’anno, come emerge da una nuova stima dell’Ufficio studi della Cgia, che definisce il valore “praticamente una finanziaria” e mette in guardia: “A pagare il conto più salato potrebbero essere le regioni del Sud”. Ciò in quanto il Sud è una parte del nostro Paese dove la dimensione economica dell’export è fortemente condizionata da pochi settori merceologici.
Sui dazi Usa, al 30% per l’Ue dal primo agosto, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha così commentato in conferenza stampa “siamo sempre stati molto chiari sul fatto di preferire una soluzione negoziata. Questo rimane valido e utilizzeremo il tempo che abbiamo” ed ha aggiunto “Estenderemo la sospensione delle nostre contromisure fino all’inizio di agosto e, nel frattempo, continueremo a predisporre ulteriori contromisure per essere pienamente preparati”.
Nell’ambito di queste dichiarazioni di cautela per valutare la risposta comune e formale da inviare al Presidente Donald Trump è prevista per le 15.30 del 13 luglio pomeriggio a Bruxelles la riunione degli ambasciatori permanenti dei 27, il Coreper, convocati d’urgenza.
Per quanto concerne la situazione sul campo tra Ucraina e Russia e in medio oriente si pongono innanzi tutto in evidenza stime interessanti pubblicate da the Economist nella sua ultima analisi sull’offensiva estiva lanciata da Mosca, iniziata il 1° maggio 2025.
Secondo il settimanale britannico, le forze russe avanzano al ritmo medio di circa 15 chilometri quadrati al giorno, una stima è coerente con quella dell’Institute for the Study of War (ISW), secondo cui i russi hanno guadagnato 498,53 km² nel mese di maggio e 466,71 km² a giugno, per una media complessiva di 15,8 km² al giorno in questi due mesi. Un ritmo più elevato rispetto ai mesi precedenti ma che difficilmente potrà essere sostenuto a lungo anche perché influenzato da una serie di variabili indipendenti come la stagione e le condizioni meteo, le scorte di armi e munizioni, la resistenza ucraina. Non è un caso, seppure mascherata da offerta del Presidente della Corea del Nord, si paventa una ulteriore rafforzamento del contingente coreano operante al fianco dei soldati russi. Questo anche in relazione alle perdite subite a fronte di guadagni territoriali sostanzialmente limitati . Utilizzando un modello basato su dati open source e stime di intelligence, The Economist calcola che dal febbraio 2022 Mosca abbia subito tra 900.000 e 1,3 milioni di perdite tra feriti e uccisi, di cui tra 190.000 e 350.000 sarebbero caduti sul campo. Solo nell’offensiva in corso, lanciata il 1° maggio, sarebbero circa 31.000 i morti in azione. Se non altro, la matematica della guerra – secondo The Economist – è spietata: l’obiettivo di una piena occupazione dell’Ucraina appare oggi più lontano che mai.
Per quanto concerne la situazione in Medio Oriente ,purtroppo dopo le tregue in atto con pur tutte le note difficoltà tra Israele e Libano nonché Israele e Iran, nulla di nuovo emerge sul fronte tra Israele ed Hamas. Continuano pertanto i bombardamenti e gli attacchi di Israele ,con conseguenti vittime anche civili, contro aderenti ad Hamas e nella ricerca degli ostaggi o dei loro corpi. La negoziazione in atto in sintesi non sembra ne fare passi avanti ne essere vicina ad una conclusione.
La sommatoria di quanto sopra esposto è come si può evincere una miscellanea di aspetti positivi e negativi sia per quanto riguarda le situazioni conflittuali sul campo sia per quello che concerne gli interessi economici globali, al punto che taluni aspetti sembrano divisivi anche tra storici alleati. Mai come ora la diplomazia e l’arte della negoziazione appaiono essenziali per assicurare prosperità e futuro nel mondo unite alla capacità di assicurare difesa e sicurezza quale presupposto di sviluppo sociale.
